Risultati della Ricerca | Osservata la galassia più debole mai vista nell'universo primordiale | Nella ricerca è coinvolto anche il team UNISA
Del Dipartimento di Fisica dell'Ateneo
Del Dipartimento di Fisica dell'Ateneo
Un team internazionale guidato dagli astrofisici Guido Roberts-Borsani e da Tommaso Treu del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università della California (Los Angeles, USA), e che vede anche la partecipazione attiva del Dipartimento di Fisica dell’Ateneo, ha confermato e studiato la galassia più debole mai vista nell'universo primordiale utilizzando il James Webb Space Telescope (JWST). La galassia, chiamata JD1, è una delle più distanti conosciute, tipica dell’universo primordiale, che ha bruciato la nube di idrogeno lasciata dal Big Bang, modellando, con la sua luce, ciò che vediamo oggi. I risultati sono pubblicati su Nature.
I primi miliardi di anni di vita dell'Universo furono un periodo cruciale nella sua evoluzione. Dopo il Big Bang, circa 13,8 miliardi di anni fa, l'Universo si espanse e si raffreddò sufficientemente perché si formassero gli atomi di idrogeno e, in assenza di luce dalle prime stelle e galassie, entrò in un periodo noto come “cosmic dark ages”. L'apparizione delle prime stelle e galassie, circa cento milioni di anni dopo, ha inondato l'universo di luce ultravioletta proveniente da stelle giovani e massicce e ha iniziato a bruciare, o ionizzare, la nube di idrogeno per rendere l'universo trasparente. Determinare i tipi di galassie che hanno dominato questa era, detta l'Epoca della Reionizzazione, rimane uno degli obiettivi principali degli astronomi e JWST grazie ai suoi strumenti a infrarossi offre finalmente la possibilità di studiare le galassie così lontane nel tempo.
La vera novità di JD1 è che, a differenza delle galassie trovate sinora con JWST, luminose e ritenute rare e non particolarmente rappresentative di quelle che popolavano l'Universo primordiale, essa è una galassia ultra-debole, ovvero appartiene alla popolazione di galassie che si pensa rappresentino le tipiche sorgenti che hanno causato il processo di reionizzazione, permettendo alla luce ultravioletta di viaggiare senza ostacoli attraverso lo spazio e il tempo.
La luce che giunge da JD1 ci mostra la galassia com'era circa 13,3 miliardi di anni fa, ovvero quando l'Universo aveva solo circa il 4% della sua età attuale. Essa è talmente debole, che sarebbe stata difficile da vedere e studiare, anche per JWST, senza l’aiuto di potenti lenti gravitazionali. Infatti JD1 si trova dietro un grande ammasso di galassie vicine, chiamato Abell 2744, che con la sua massa gravitazionale, agendo da lente, piega e distorce la luce proveniente da JD1, facendola apparire più grande e 13 volte più luminosa di quanto sarebbe normalmente. L'effetto, noto come lensing gravitazionale, è analogo al modo in cui una lente d'ingrandimento distorce e amplifica la luce all'interno del suo campo visivo, senza il quale JD1 probabilmente non sarebbe stata osservabile.
Il team di astrofisici ha utilizzato lo spettrografo NIRSpec di Webb per ottenere lo spettro della galassia, determinando, sia la sua precisa distanza ed età, che le stelle e la quantità di polvere ed elementi pesanti che essa ha formato nella sua vita relativamente breve di soli 13,5 milioni di anni. La combinazione dell'ingrandimento gravitazionale e delle immagini acquisite con un altro degli strumenti di JWST: NIRCam, ha anche permesso di studiare la struttura della galassia con dettagli e risoluzione senza precedenti. Un risultato davvero straordinario che è stato possibile solo grazie alla combinazione dei potenti occhi infrarossi di JWST e del potere di ingrandimento delle lenti gravitazionali.
Una vera una rivoluzione, che permetterà di scrivere pagine importanti nei libri di testo futuri su come si formano ed evolvono le galassie subito dopo il Big Bang.
Pubblicato il 31 Maggio 2023