Neutrini@UNISA
I neutrini sono particelle elementari particolarmente enigmatiche: come gli elettroni (le cui ben note proprietà sfruttiamo quotidianamente) sono leptoni, ma hanno carica nulla e nessuno è ancora riuscito a misurarne la massa, sicché si è ritenuto in passato che potesse essere nulla (come quella dei fotoni, i quanti della luce). In quanto privi di carica, i neutrini non hanno interazione elettromagnetica, ma solo debole, per cui possono attraversare l’intero spessore della Terra (e anche molto di più) senza “accorgersi” minimamente della presenza di un corpo sulla loro strada. Per questo motivo sono estremamente difficili da rivelare, ma sono anche messaggeri preziosi dello spazio profondo, poiché a differenza dei fotoni, che sono facilmente assorbiti, o delle particelle cariche, che sono assorbite o deviate, possono viaggiare per distanze cosmiche senza essere disturbati.
Queste particelle dalle proprietà così inusuali, e così debolmente interagenti, innescano la catena di reazioni termonucleari che fa brillare le stelle con continuità per miliardi di anni (ed in effetti, ogni stella “brilla di neutrini”, non soltanto di luce); i neutrini sono coinvolti nella dinamica della “morte di una stella” (supernova); secondo alcuni modelli, la massa dei neutrini, così piccola da non poter essere attualmente misurata, potrebbe aver contribuito a definire la scala dimensionale delle galassie quando l’universo era molto giovane.
Nel 2015 il premio Nobel per la Fisica è stato assegnato a Takaaki Kajita e Arthur MacDonald per “la scoperta delle oscillazioni di neutrino, che dimostrano che i neutrini hanno massa”. L’idea che i neutrini possano mutare il loro “sapore” (elettronico, muonico, tauonico) mentre viaggiano, ad una velocità prossima a quella della luce nel vuoto, è in realtà un’idea italiana, proposta come linea di ricerca negli anni 50 dal fisico Bruno Pontecorvo. L’oscillazione, ossia la variazione del sapore durante la propagazione, è possibile solo se i neutrini hanno massa, anche se non si è ancora in grado di misurarla.
Una ricerca così complessa richiede il contributo dei maggiori esperti nel campo su scala mondiale che si attua attraverso la collaborazione tra Istituzioni di ricerca operanti nella Fisica subnucleare della maggior parte delle Nazioni tecnologicamente più sviluppate e ha bisogno di conferme e verifiche. Ad alcune di queste ha contribuito anche l’Ateneo di Salerno. Infatti, nelle motivazioni scientifiche al premio, è riportata anche la scoperta, nel 2015, delle oscillazioni di neutrino nel canale muonico-tauonico da parte dell’esperimento OPERA , al quale partecipa il Gruppo di Emulsioni Nucleari ed Astroparticelle del Dipartimento di Fisica dell’Università di Salerno.
Principio dell’esperimento OPERA: si cerca un neutrino tauonico in un fascio di neutrini muonici. Il neutrino tauonico interagisce nel piombo del bersaglio. Il leptone tau associato e il suo decadimento caratteristico sono fotografati da speciali emulsioni. Alcuni rivelatori elettronici facilitano la localizzazione.
Nell’esperimento OPERA il Gruppo di Emulsioni di Salerno ha avuto un ruolo fondamentale nella progettazione del bersaglio di emulsioni nucleari per il fascio di neutrini prodotto al CERN e rivelato nei laboratori del Gran Sasso. Tutti i laboratori europei di OPERA utilizzano il software “SySal” (System of Salerno) per la lettura delle emulsioni nucleari sviluppato a Salerno per studiare le interazioni dei neutrini. Ugualmente a Salerno è stata progettata parte del software per la ricostruzione e l’analisi degli eventi. Infine i ricercatori operanti a Salerno hanno la responsabilità della gestione del sistema di database dell’esperimento.
Dopo questo successo di una linea di ricerca aperta presso l’Ateneo negli anni ’90, il Gruppo che lavora presso il Dipartimento di Fisica si è impegnato nella nuova sfida dell’astronomia neutrinica:
rivelare sorgenti di neutrini galattiche ed extragalattiche per studiare nuclei galattici, supernovae, nebulose ed altri oggetti affascinanti, e nel contempo risolvere un altro enigma legato alla massa dei neutrini, ossia la gerarchia di massa.
Nell’ambito della Collaborazione KM3NeT, che sta costruendo complessi telescopi per neutrini situati sul fondale del Mediterraneo (un primo elemento è stato posato al largo di Capopassero all’inizio di Dicembre 2015), il Gruppo di Salerno si occupa di realizzare il software di controllo per l’acquisizione dati, gestire i database e partecipa all’analisi.
Schema di telescopio subacqueo modulare per neutrini (immagine proprietà di KM3NeT). Un neutrino che ha attraversato la Terra arriva dal fondale ed interagendo produce un muone. La radiazione Cherenkov generata dal muone attraversando l’acqua ha un fronte conico e viene rivelata dai moduli ottici sospesi in “stringhe” verticali.
Vittoria Marino - Delegato alla Comunicazione UNISA
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