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Analisi del rilascio controllato da matrici di idrogeli
Descrizione: La via di somministrazione dei farmaci più diffusa è quella orale, semplice e molto efficace, grazie alla grande superficie di scambio disponibile per l'assorbimento del principio attivo nel tratto gastro-intestinale. Tuttavia essa soffre di alcuni svantaggi: affinché il principio attivo possa essere assorbito nell'intestino, è necessario che questo sia in grado di resistere al pH molto acido dello stomaco per poter arrivare nell'intestino, qui, per poter attraversare le pareti intestinali il principio attivo deve essere disponibile in forma di dispersione molecolare cioè la molecola deve essere sufficientemente piccola; il principio attivo deve poi resistere agli enzimi del plasma e del fegato. Il modo migliore per superare questi problemi è di realizzare sistemi a rilascio controllato, questi ultimi possono migliorare nettamente il profilo terapeutico di un farmaco e contemporaneamente rendere più semplici le vie di somministrazione. In queste forme farmaceutiche, a differenza di quelle tradizionali, il rilascio di principio attivo non dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche del principio attivo bensì dalle caratteristiche tecnologiche della formulazione. Comprendere le modalità con cui il principio attivo viene rilasciato dalla forma farmaceutica costituisce così un passo cruciale per una corretta formulazione. Il contributo dell'ingegnere chimico è determinante nell'analisi dei fenomeni coinvolti e nella relativa descrizione fisico-matematica (modellazione). La modellazione del rilascio controllato di farmaci rappresenta infatti un utile mezzo per la messa a punto di sistemi farmaceutici che realizzino il desiderato profilo farmacologico del principio attivo nel circolo sanguigno. Disporre di modelli matematici adeguati a descrivere il rilascio di principio attivo da specifiche forme farmaceutiche rappresenta un potente mezzo per la simulazione degli effetti dei parametri di progetto (geometria e composizione) sulla cinetica di rilascio.
Riuscire a predire la composizione richiesta (tipo e quantità di principio attivo, polimero ed eccipienti) e la geometria (forma e dimensioni) di un nuovo sistema a rilascio controllato, si traduce non solo nella possibilità di ottimizzare forme farmaceutiche già esistenti, ma soprattutto nella possibilità di realizzare nuovi prodotti farmaceutici in tempi brevi e con costi contenuti, dal momento che il numero di esperimenti necessari alla messa a punto del nuovo prodotto si riduce in maniera significativa.
Ulteriori informazioni, articoli su rivista, tesi di laurea, attrezzature ed competenze del gruppo di ricerca si possono trovare nella sezione "Ricerca e sviluppo" del sito web www.minerva.unisa.it.
Ricercatori coinvolti: Gaetano Lamberti, Anna Angela Barba, Matteo d'Amore, Sara Cascone, Annalisa Dalmoro
Produzione di strutture biopolimeriche (micro and nanosfere biopolimeriche e strutture 3D micro e nano-porose) per l’ingegneria dei tessuti mediante trattamento supercritico di emulsioni o geli.
Descrizione: L'ingegneria tissutale ha come scopo l’impianto di cellule staminali in materiali biopolimerici ingegnerizzati allo scopo di supportare una crescita tridimensionale organizzata. Queste strutture biopolimeriche sono spesso in grado di influenzare il differenziamento cellulare generando specifici microambienti. Per alcuni tipologie di tessuti al fine di superare problemi di sopravvivenza cellulare o di mancata differenziazione cellulare e/o di integrazione nel tessuto ospite è stata sviluppata una nuova tipologia di scaffold dette PAM (pharmacologically active microcarriers). Le PAM sono microdispositivi in forma particellare di polimeri biocompatibili e biodegradabili (eventualmente rivestite con molecole che facilitano l’adesione cellulare) capaci di un rilascio controllato di fattori di crescita e atte al trasporto sulla loro superficie di cellule staminali. Per altre tipologie di tessuto sono invece necessarie strutture tridimensionali nanoporose con una specifica forma e capaci di servire come sostegno temporaneo per la crescita cellulare. La produzione di PAM contenenti fattori di crescita e molecole adesive superficiali viene eseguita utilizzando un processo innovativo a partire da emulsioni che utilizza un fluido supercritico (l’anidride carbonica supercritica) per il trattamento delle emulsioni semplici o multiple a basse temperature. Il processo messo a punto dal nostro gruppo di ricerca è più veloce di quello tradizionale di evaporazione del solvente e produce nano e micro PAM con granulometrie e distribuzioni controllabili. La modalità di funzionamento in continuo per la produzione delle PAM consente inoltre una migliore riproducibilità lotti e una più facile progettazione di impianti produttivi GMP. Anche le strutture biopolimeriche con una forma tridimensionale specifica richiedono specifiche caratteristiche per essere utilizzate nelle medicina rigenerativa. Esse devono infatti possedere una struttura regolare e riproducibile, una porosità superiore al 90% con pori interconnessi oltre che specifiche proprietà meccaniche. Per produrre tali strutture biopolimeriche con microcelle interconnesse e nanoporose è stata sviluppata dal nostro Gruppo di Ricerca una nuova tecnica utilizzante fluidi supercritici. Essa prevede tre fasi di lavorazione: formazione di un gel polimerico caricato con un porogeno solido, essiccamento del gel con fluido supercritico e lavaggio con acqua per eliminare il porogeno. Se l’essiccamento viene eseguita da un fluido supercritico, la miscela supercritica che si forma durante il processo non ha tensione superficiale e può essere facilmente eliminata in un unico passaggio senza distruggere la nanoporosità del gel. Infatti, uno dei problemi principali dei processi convenzionali di essiccazione dei geli è la possibilità appunto di un collasso della struttura nano porosa. Esempi di immagine SEM di prodotto PLGA_PAM e PLLA_3D scaffolds sono riportati qui di seguito, in Figura 1. Al momento PAM di PLGA contenenti fattori di crescita e strutture tridimensionali di PLLA sono stati testati per la coltura di cellule staminali mesenchimali in modo da studiare la loro crescita e differenziazione. Il risultato ha mostrato maggiore biocompatibilità rispetto a prodotti simili ottenuti per tecnologia convenzionale. Altri studi sono attualmente in corso.
Ricercatori coinvolti: Ernesto Reverchon, Giovanna Della Porta, Stefano Cardea, Lucia Baldino
Geli di miscele di polimeri biocompatibili per applicazioni medicali
Descrizione: In molte applicazioni biomediche sono desiderabili sistemi terapeutici semplici da somministrare (ad esempio attraverso dosaggi iniettabili), con proprietà strutturali e reologiche regolate da fattori fisiologici (temperatura, pH, salinità) capaci di resistere, in modo controllato, alle azioni degratative indotte dagli stessi ambienti fisiologici come ad esempio l’erosione, ed essere utilizzabili come sistemi di dosaggio di farmaci. Le caratteristiche descritte possono essere realizzate anche attraverso la combinazione di più materiali biocompatibili. Impianti sottocutanei o scaffold temporanei sono alcuni esempi di applicazioni in ambito biomedicale.
Soluzioni acquose di copolimeri a blocchi PEOn-PPOm-PEOn, noti come Pluronici, mostrano caratteristiche reologiche regolate dalla temperatura. In particolare, a basse temperature (5°C) esse si presentano allo stato liquido (con viscosità ridotte e possibilità di essere usate, quindi, come liquidi iniettabili) mentre alla temperatura fisiologica (37°C) la loro organizzazione strutturale cambia dando luogo alla formazione di gel soffici con aumento dei valori di viscosità.
Soluzioni acquose di alginati, polimeri di origine natutrale, sono utilizzate per ottenere strutture di gel-film mediante reticolazione ionotropica con cationi bilaventi (formazione di egg boxes). Le strutture gel-film di alginato reticolato possono fungere da layer protettivi, trattandosi di geli più forti, quando accoppiati a geli soffici, quali ad esempio quelli dei pluronici.
Una nuova terapia farmacologica destinata al trattamento delle patologie di aterosclerosi (in stent restenosi) è basata sull’uso di miscele di polimeri biocompatibili per ricoprire gli stent coronarici. I geli soffici dei pluronici sono utilizzati come materiale base di ricoprimento dello stent (riducendo effetti avversi come la trombogenicità) e nello stesso tempo come serbatoi di farmaci mirati per somministrazioni sito specifiche e, possibilmente, prolungate nel tempo. La deposizione delle soluzioni a base di pluronico (PF 127) sulla superficie interna dello stent è fatta attraverso la loro iniezione direttamente sullo stent impiantato in arteria coronarica nel tratto interessato ad occlusione. La temperatura del materiale iniettato è inizialmente bassa; essa è fatta successivamente risalire per permettere la formazione del gel in corrispondenza della parete dello stent.
La protezione dello strato di gel soffice da un possibile dilavamento causato dal flusso ematico è attuata attraverso la sua ricopertura (dal lato non a contatto con la parete dell’arteria) con un gel più forte ottenuto, sempre in situ, reticolando con ioni rame, anch’essi iniettati, l’alginato aggiunto nella soluzione di pluronico di partenza. E’ rilevante per questa applicazione la conoscenza delle cinetiche diffusive degli ioni rame che conducono alla formazione dei gel-film di alginato.
L’ uso dei sistemi a base di pluronico e alginato presentati in applicazioni biomedicali necessita della completa caratterizzazione di questi polimeri in miscela. Tra le indagini più importanti per lo studio del comportamento in ambiente fisiologico (contatto con il torrente ematico) vi sono:
1) investigazioni di tipo reologico tese all’approfondimento delle proprietà meccaniche (apparecchiature/strumentazioni usate: reometri rotazionali; metodi: classici della misurazione delle viscosità);
2) studio del comportamento alla compressione (apparecchiature/strumentazioni usate: reometro, microscopio a fluorescenza; metodi: sviluppo di protocolli dedicati); 3) analisi dei fenomeni diffusivi dei cationi bilaventi (ioni rame) nei processi di reticolazione (apparecchiature/strumentazioni usate: celle di Franz, microscopio ottico, spessimetro; metodi: sviluppo di protocolli dedicati per le diverse misurazioni di interesse, analisi dell’immagine).
Ulteriori studi di caratterizzazione (erodibilità, proprietà di rilascio) sono attualmente in fase di sperimentazione in dispositivi in-vitro appositamente realizzati (arteria simulata).
I risultati delle diverse attività sperimentali permetteranno di utilizzare, in modo appropriato ed efficace sotto il profilo terapeutico, i geli esaminati nelle applicazioni di gel paving di stent coronarici. Ulteriori informazioni, articoli su rivista, tesi di laurea, attrezzature ed competenze del gruppo di ricerca si possono trovare nella sezione "Ricerca e sviluppo" del sito web www.minerva.unisa.it.
Ricercatori coinvolti: Gaetano Lamberti, Anna Angela Barba, Matteo d'Amore, Annalisa Dalmoro, Sara Cascone
Metodi alternativi ai test animali
Descrizione: Uno degli argomenti chiave per l’industria farmaceutica è la possibilità di predire sia i fenomeni di trasporto che avvengono quando viene somministrato un farmaco sia come cambia la sua concentrazione plasmatica. A causa della complessità dei fenomeni coinvolti in questi sistemi, gli studi su nuovi farmaci/formulazioni farmaceutiche sono condotti in-vivo utilizzando animali da laboratorio oppure volontari umani.
Questi studi sono però complicati sia da elevati costi che da tempi lunghi ed inoltre anche l’estrapolazione dei dati raccolti alla fisiologia umana è piuttosto difficile; inoltre, anche considerazioni di tipo etico costituiscono una difficoltà. L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di trovare alternative all’utilizzo di animali da laboratorio.
L’alternativa è quella di sviluppare modelli in-vitro ed in-silico . Per quanto riguarda I modelli in-vitro, è stato progettato e realizzato un bio-reattore semplificato in grado di riprodurre l’evoluzione termica e di pH all’interno del tratto gastrointestinale. Utilizzando questo dispositivo, è possibile simulare il comportamento di un farmaco una volta ingerito per via orale. La velocità di rilascio di un farmaco è stata valutata ed è stato constatato che la quantità di farmaco rilasciata nello stomaco simulante la vera storia di pH è circa il doppio di quella rilasciata nei test in-vitro convenzionali.
Per quanto riguarda i modelli in-silico, sono stati proposti differenti tipi di modelli matematici (modelli in-silico) per descrivere il rilascio di un farmaco nel corpo umano. Tra questi, i modelli farmacocinetici basati sulla fisiologia (PBPK) sono i più complessi e completi: il corpo è suddiviso in compartimenti, corrispondenti alla struttura fisiologica reale, ciascuno con una sua specifica funzione. Un modello PBPK è stato proposto e validato. Questo modello è in grado di descrivere i fenomeni ADME (Assorbimento, Distribuzione, Metabolismo ed Escrezione) che avvengono dopo l’ingestione di un farmaco. Il modello in-silico proposto è semplice e contiene un limitato numero di parametri. I livelli ematici di farmaco dopo differenti tipi di somministrazione sono stati simulati con successo..
Gli obiettivi futuri di questo progetto sono: progettare e realizzare un modello in-vitro in grado di riprodurre la fluidodinamica reale dello stomaco ed anche l’assorbimento di farmaco nell’intestino; modellare i fenomeni coinvolti e sviluppare un modello in-silico in grado di simulare il corpo umano, consentendo anche una simulazione a priori della farmacocinetica.
Combinando insieme questi due strumenti, sarà possibile rendere più economico, più veloce e più semplice il processo di scoperta/miglioramento di nuove forme farmaceutiche.
Ulteriori informazioni, articoli su rivista, tesi di laurea, attrezzature ed competenze del gruppo di ricerca si possono trovare nella sezione "Ricerca e sviluppo" del sito web www.minerva.unisa.it.
Ricercatori coinvolti: Gaetano Lamberti, Anna Angela Barba, Matteo d'Amore, Sara Cascone, Felice De Santis, Annalisa Dalmoro
Problemi di Bioingegneria con approccio combinato FEM-BEM
Descrizione: L’attività di ricerca si incentra sulla bioingegneria.
Si sviluppano procedure numeriche di simulazione, basate su un utilizzo sinergico e accoppiato di FEM (Finite Element Method) e BEM (Boundary Element Method), per l'analisi dello stato tensionale e deformativo di impianti dentali e relativa zona antomica circostante (osso mandibolare). L’obiettivo è di testare/validare in maniera virtuale soluzioni alternative di ottimizzazione dei predetti impianti dentali per la riduzione dei cedimenti da mancata osteointegrazione. Si opera con codici commerciali (BEASY, ANSYS, COMSOL) e routine sviluppate in proprio.
Ricercatori coinvolti: Roberto Citarella, Gabriele Cricrì, Michele Perrella, Marcello Lepore
Logistica per l'Healthcare Management
Descrizione:
É universalmente riconosciuto che la crescita esponenziale della spesa sanitaria non sia solo dovuta all'innalzamento delle aspettative di vita della popolazione e all'aumento dei costi per le prestazioni mediche, ma anche a significativi sprechi nell'impiego delle risorse sanitarie (WHO, 2010). Tale crescita, insieme con la progressiva riduzione delle risorse pubbliche che la ristrutturazione dei bilanci statali impone, si traduce per i governi nell'obbligo di ricercare soluzioni per conseguire una maggiore efficienza operativa.
La complessità che caratterizza il contesto sanitario (legata, ad esempio, alla forte aleatorietà della domanda e alla tempestività nell'erogazione dei servizi) rendono difficile la definizione e la valutazione dell'impatto di ogni innovazione gestionale sulle performance complessive di funzionamento.
La ricerca è incentrata sullo studio dei flussi fisici e informativi legati alle attività sanitarie, finalizzata all'individuazione di processi standardizzati integrati (framework) sui quali implementare tecniche di ottimizzazione. Per tale motivo, la ricerca nel settore dell'healthcare copre più campi tra loro strettamente legati:
- la standardizzazione dei flussi fisici ed informativi costituisce un obiettivo imprescindibile per la condivisione dei dati tra aziende sanitarie e ospedaliere. Attraverso di essa è possibile non solo migliorare i processi assistenziali ma anche conseguire notevoli risparmi derivanti dalla possibilità di ottimizzare tali flussi in ottica integrata (economie di scala/scopo che più strutture possono raggiungere attraverso l'aggregazione su base territoriale). La standardizzazione dei flussi, infine, è il prerequisito per assicurare la tracciabilità delle prestazioni (per esempio, chi le eroga, di cosa si compongono). Particolare attenzione è pertanto prestata alla gestione della filiera del farmaco;
- le tecniche di ottimizzazione dei flussi passano per l'adozione di logiche di pianificazione e programmazione di materiali e risorse , estremamente diffuse in ambito manifatturiero ma di difficile implementazione in contesti ad elevata variabilità della domanda come quello sanitario. La ricerca è per questo concentrata su tecniche di previsione della domanda che raggruppino i pazienti per patologia clinica, effettuando previsioni sui fabbisogni mediante l'impiego di percorsi diagnostici terapeutici più probabili (attraverso sistemi esperiti, simulazione, ecc.);
- la definizione di sistemi di indicatori di performance delle strutture sanitarie è sviluppata sia in quanto strumento di pianificazione e controllo delle architetture di gestione esistenti, sia come elemento di valutazione dei sistemi di gestione oggetto della ricerca.
Ricercatori coinvolti: Raffaele Iannone, Alfredo Lambiase, Salvatore Miranda, Stefano Riemma, Debora Sarno.
Diagnosi assistita al calcolatore di lesioni cutanee
Descrizione: Il melanoma è oggi una delle principali cause di cancro tra molte popolazioni di pelle bianca. Fortunatamente la curabilità del cancro della pelle è molto alta, se è trattata chirurgicamente: in melanomi sottili (<1mm) il tasso di guarigione è molto favorevole, mentre tumori di spessore maggiore o in stadio avanzato, la prognosi peggiora. Di conseguenza, al fine di ridurre la mortalità da melanoma, la campagna di prevenzione deve anche fornire la diagnosi di melanomi nella fase iniziale (ossia con uno spessore del tumore inferiore a 1 mm) attraverso l'individuazione di precursori, grazie anche alla evoluzione delle tecnologie legate alle immagini digitali, che utilizzano, in particolare, la microscopia a epiluminescenza (ELM, noto anche come dermatoscopia o dermoscopia). Sulla base della interpretazione delle caratteristiche esaminate, esistono alcuni modelli diagnostici più ampiamente accettate dai medici. Tra questi vi è quello noto come 7-point check-list, che definisce solo sette criteri standard, e un semplice meccanismo di calcolo di un punteggio per ottenere l'esito della diagnosi. Rispetto alla diagnosi clinica ad occhio nudo, c'è un miglioramento della precisione diagnostica. Tuttavia, a causa della complessità dei modelli e della loro interpretazione, i risultati degli esami dermoscopici hanno ancora limitazioni, specialmente per gli utenti non specificamente addestrati. Partendo da queste considerazioni, gli autori hanno affrontato il problema della definizione di un algoritmo di elaborazione dell'immagine che implementa la 7-Point check-list. Più in dettaglio, il progetto di ricerca sta effettuando lo sviluppo di un sistema automatico in grado di convalidare l'identificazione dei 7 parametri su ogni lesione osservata dai clinici. Per questo scopo, dopo uno studio preliminare sulle tecniche di elaborazione dell'immagine per l'estrazione della lesione pigmentata e il rilevamento delle caratteristiche cromatiche, sono stati definiti ed implementati moduli di elaborazione per il riconoscimento delle strutture morfologiche correlate con i criteri definiti nel metodo diagnostico di interesse. Per approfondimenti, foto, download, altri riferimenti e aggiornamenti, si consultino le pagine del Gruppo di Ricerca Misure (in inglese).
Ricercatori coinvolti: Giuseppe Di Leo, Consolatina Liguori, Alfredo Paolillo, Antonio Pietrosanto, Paolo Sommella
Sinterizzazione Laser Ambito Biomedicale
Descrizione: Il titanio e le sue leghe sono spesso adottate in campo bio-medicale, in quanto tali materiali sono caratterizzati da una elevata biocompatibilità, cioè la possibilità di interagire con l’organismo senza danneggiarlo e minimizzando le possibilità di rigetto. Inoltre tali materiali sono caratterizzati anche da una bassa densità, eccellente resistenza meccanica e resistenza alla corrosione in ambienti acidi. Oltre alle leghe di titanio presentano una spiccata biocompatibilità anche le leghe di cobalto e cromo, ampiamente utilizzate nell’ambito protesico. L’impiego di tali materiali è legato alle ottime caratteristiche meccaniche, come ad esempio la resistenza a fatica fondamentale per aumentare la vita utile dell’impianto. Una delle tecnologie innovative per la realizzazione di protesi è la sinterizzazione laser. La peculiarità di tale metodo di produzione è l’additività, cioè il pezzo viene costruito fondendo con il laser strati successivi di polvere metallica dello spessore compreso tra 20-30 µm. Questa caratteristica consente di produrre elementi a geometria complessa con buona accuratezza dimensionale, adattando il modello alle necessità del paziente. Il processo di sinterizzazione laser risulta essere adatto all’ambito bio-medicale anche perché le parti realizzate sono caratterizzate da una rugosità controllata e variando i parametri di processo o il modello CAD è possibile anche ottenere una porosità controllata. Dalla letteratura si evince che la rugosità o finitura superficiale di un impianto influenza notevolmente il processo di guarigione dell’osso su cui esso è impiantato. Le superfici rugose sono caratterizzate da una maggiore osteo-conduttività, cioè mostrano una migliore interazione con i fluidi biologici a causa di una bagnabilità più elevata che è alla base del processo di ricostruzione dell’osso. La rugosità deve essere controllata in maniera tale che il range di tale grandezza rientri nell’intervallo ottimale per favorire il fenomeno di adesione compreso tra 1 e 10 µm. La macchina adottata per la creazione delle parti è l’EOSINT M270 IM Xtended, la quale consente la gestione delle strategie produttive e la realizzazione di più elementi sulla stessa piattaforma di costruzione. La ricerca effettuata si è incentrata in maniera particolare su due materiali: la lega Ti-6Al-4V e la lega Co-Cr arricchita con tungsteno e molibdeno.
Ricercatori coinvolti: Fabrizia Caiazzo, Vittorio Alfieri, Francesco Cardaropoli, Gaetano Corrado, Ilaria Fierro