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LE FUNZIONI NARRATIVE DEGLI OGGETTI NELLA MODERNITA' LETTERARIA ITALIANA

La ricerca esplora un campo (non ancora attentamente studiato) ovvero il ruolo degli oggetti all’interno di alcuni testi narrativi (romanzi e racconti) della letteratura italiana dal 1800 al 2000. La ricerca sperimentalmente mira (a partire da una estesa bibliografia generica sulle cose) ad una schedatura del “sistema romanzesco” italiano classificando, in un apposito repertorio, le funzioni narrative assunte dagli oggetti in alcuni testi letterari. Ne nascerà non soltanto un vasto calcolo “grafico” di elementi, quanto una mappa degli usi e funzioni (e comportamenti) di alcuni oggetti all’interno dei testi narrativi, ai fini di una trama, di un valore, di un senso.Gli oggetti, descritti all’interno di alcuni romanzi o racconti, talvolta si caricano di vere e proprie capacità connotative, in grado di innescare potenziali fabule, di esporsi a qualsiasi significato che possa contenerli. Connotano, oltre che testimoniano l’evidenza di una partecipazione e di aver agito da qualche parte in un qualche tempo. Maneggiate, usate o soltanto citate le cose intervengono in alcune scritture ad ordinarne il senso, le significazioni. Basta un nonnulla ed eccole capaci non soltanto di saper guarnire le storie in pezzi ben allineati (Balzac), o di addobbarle e profumarle di sensualità in ogni angolo della scrittura (D’Annunzio, Il piacere), ma anche di farsi protagoniste di interi romanzi (Wilde, Il ritratto di Dorian Gray), o di racconti (Il cappotto, Gogol), o di commedie (Il ventaglio, Goldoni) oppure di animare poesie (L’amica di nonna Speranza, Gozzano), o ancora divenire relitti con cui montare letteralmente una intera avventura salvando il suo protagonista (De Foe, Robinson Crosue), o di praticare aperture tra fantasticazione e realtà (Don Chisciotte allorché consegna un nome diverso alle cose, e il bacile diventa elmo, i mulini giganti), o di gettarci in assolute angosce come il suono delle «lunghe trombe d’oro» che annunziano l’inizio dello spettacolo del grande Teatro naturale di Oklahoma nell’America di Kafka, o di edificare un luogo imprescindibile in un romanzo («la casa del nespolo» nei Malavoglia di Verga) oppure far pensare, maneggiandoli, di poter rincorrere il tempo e ritrovarlo per iscritto (Proust); o aprire, infine, innegabilmente un romanzo anticipando una precisa tonalità di atmosfera e di lingua come quella tazza piena di schiuma e quello specchio e quel rasoio nelle mani di Buck Mulligan che si ergono lì nell'incipit del romanzo e danno la cadenza all’Ulisse di Joyce. Le cose così, senza volere, abbandonata una funzione d’uso o di scambio, assumendo nostalgia od ironia oppure tutto una mare di altre significanze, cominciano ad appartenere alla letterarietà come veri personaggi.

StrutturaDipartimento di Studi Umanistici/DIPSUM
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo2.100,00 euro
Periodo7 Novembre 2014 - 6 Novembre 2016
Gruppo di RicercaAJELLO Epifanio (Coordinatore Progetto)
MONTANILE Filomena (Ricercatore)