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LA NUOVA DISCIPLINA DEL CONTRATTO A TERMINE

Senza dubbio l’intervento del legislatore sulla disciplina del contratto a tempo determinato è stato dettato dall’auspicio di ridurre quanto più possibile i problemi interpretativi e il contenzioso in materia. In particolare il legislatore del c.d. Jobs Act ha operato in maniera tale da giungere alla completa acausalità del contratto a termine. Le principali novità introdotte riguardano, come anticipato, l’abolizione delle causali giustificatrici dell’apposizione del termine e delle ragioni oggettive della proroga; la previsione di una durata massima triennale del contratto; la possibilità di proroga fino a cinque volte nell’arco del triennio; la previsione di un limite massimo legale (20%) al numero complessivo di contratti a termine instaurati da ciascun datore. Il datore dunque, ai sensi della nuova disciplina, non ha più l’obbligo di apporre alcuna giustificazione evitando così il rischio di vedersi annullato il contratto qualora l’indicazione della causale fosse considerata insufficiente dal giudice. Vi sono, tuttavia, delle ipotesi in cui la motivazione per la stipula del contratto è ancora necessaria: per ragioni sostitutive, per esigenze di carattere stagionale, per i lavoratori con un’età superiore ai 55 anni e per tutte le altre ipotesi previste dall’art.10 co.7 del d.lgs. 368/2001. La legge stabilisce, inoltre, la durata massima complessiva pari a 36 mesi per il rapporto a tempo determinato tra uno stesso datore di lavoro e lavoratore per lo svolgimento delle stesse mansioni. Tale limite richiede l’identità delle fonti del rapporto di lavoro e l’equivalenza delle mansioni. Secondo la giurisprudenza l’equivalenza non va intesa come mera corrispondenza tra le mansioni precedentemente svolte e quelle contemplate nel nuovo contratto, dovendo invece verificarsi i contenuti concreti delle attività svolte (Cass. Sent. 12.1.2006, n. 425). Le Sezioni Unite della Cassazione con sent. N. 25033 del 24 novembre 2006 hanno espressamente statuito che l’equivalenza tra nuove mansioni e quelle precedenti “ deve essere intesa non solo nel senso di pari valore professionale delle mansioni, considerate nella loro oggettività, ma anche come attitudine delle nuove mansioni a consentire la piena utilizzazione o anche l’arricchimento del patrimonio professionale dal lavoratore acquisito nella pregressa fase del rapporto”. Il legislatore ha poi previsto un tetto massimo al ricorso dei contratti a termine che non possono superare il 20% rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. E’ però fatta salva la possibilità che i sindacati comparativamente più rappresentativi individuino soglie differenti attraverso le c.d clausole di contingentamento. Viene poi riformata la regolamentazione della proroga: essa non è più condizionata dalla sussistenza di specifiche ragioni e viene introdotta la possibilità di prorogare il contratto per cinque volte, fermo restando l’obbligo di rispettare il tetto massimo di durata pari a 36 mesi. In parte modificato anche il regime sanzionatorio: la legge n. 78 prevede una sanzione unicamente pecuniaria al superamento del limite del 20 %, ma non cambia il regime in caso di violazione del tetto dei 36 mesi. Su questi temi verterà il progetto di ricerca il quale si soffermerà in particolare sui limiti di tutela dei diritti dei lavoratori in un contenuto di ulteriore più ampia flessibilizzazione introdotta dalle recenti modifiche legislative.

StrutturaDipartimento di Scienze Giuridiche (Scuola di Giurisprudenza)
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo838,60 euro
Periodo7 Novembre 2014 - 6 Novembre 2016
Gruppo di RicercaCAPECE Marco (Coordinatore Progetto)
IOELE Lorenzo (Ricercatore)
VACCARO Maria Jose' (Ricercatore)