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L'IMMAGINAZIONE UTOPICA IN EUROPA TRA SEI E SETTECENTO
Dopo la codificazione del modello letterario utopico – avente a riferimento il celeberrimo libellus vere aureus di Thomas More pubblicato nel 1516 – si manifesta, in Europa, un’intensa proliferazione di progetti di comunità ideali. Quasi nessuno di questi raggiunge l’equilibrata strutturazione né la notorietà dell’opera moreana (fatta eccezione, per certi versi, per la Città del Sole di Tommaso Campanella e l’incompleta New Atlantis di Francis Bacon). Ma non è questo il dato interessante: molte composizioni sono composte da letterati non propriamente esperti di problemi politici né da conoscitori del pensiero antico. Nella maggior parte dei casi si tratta di scritture di valore trascurabile. Pamphlet, parti di testi più ampi, racconti fantastici etc. L’aspetto interessante del fenomeno risiede nel numero dei testi dedicati al tema della mutazione, del rovesciamento del presente storico, delle istanze di rinnovamento etc.Secondo le stime di Micael Winter (Utopiarum compendium) se ne contano a centinaia. Tra Sette e Ottocento il numero di utopie è destinato ad aumentare ancora. Tanto da far dire a Bronislaw Baczko che l’Ottocento «è il secolo dell’utopia». La ricerca di cui qui si delineano le categorie generali, intende analizzare i motivi di questa inaspettata moltiplicazione, in quali aree geografiche e in quali contesti storici esse furono concepite. Si può, infatti, immaginare che in alcune zone d’Europa (ad esempio, in Inghilterra) sia più radicata una tradizione che tragga elementi dalla sua genesi. Oppure che la ragione di tale proliferazione dipenda dagli ambienti nei quali era maggiormente diffuso il platonismo. È indubitabile l’influenza che la traduzione degli scritti politici di Platone (Repubblica, Le Leggi) ebbero in Italia. Alla matrice platonica sarebbero riconducibili i tentativi di Anton Francesco Doni o di Matteo Buonamici. Ma forse questo motivi sono insufficienti a spiegare un fenomeno di così vaste proporzioni. Altri fattori entrano in gioco per giustificare la capillare presenza del fenomeno utopico. Ad esempio, l’influenza degli scritti erasmiani. In un’Europa insanguinata dalle guerre di religione, appare del tutto giustificato il concepimento – almeno nella fantasia – di comunità aliene dall’odio confessionale (Stüblin, Crucé). È, però, vero anche il contrario: la fiera appartenenza alle fazioni in lotta (cattolici, protestanti tedeschi, ugonotti francesi etc.) ispira una (modesta) produzione di utopia o forte caratterizzazione teologica (Eberlin, Andreä). L’ipotesi proposta dalla ricerca è che vi sia una rinascita di motivi della letteratura popolare che si fondono con l’impalcatura delle scritture utopiche. Intellettuali e non, sarebbero quindi portati a concepire testi che vagheggiano paesi di cuccagna collocati in spazi geografici ignoti. Le scoperte di nuovi paesi sono indubbiamente un altro motivo ispiratore: costituiscono “il foglio bianco” sul quale l’utopista di turno può legittimamente inventare un’organizzazione politica e sociale lontana dagli inquinamenti della corrotta vita europea. Ciò che le scoperte colombiane avevano sottratto all’Europa (con l’aggressione e il depredamento delle risorse aurifere degli indios) era, paradossalmente, restituito in termini d’immaginazione.
Struttura | Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione/DISUFF | |
Responsabile | CAMBI Maurizio | |
Tipo di finanziamento | Fondi dell'ateneo | |
Finanziatori | Università degli Studi di SALERNO | |
Importo | 2.060,00 euro | |
Periodo | 7 Novembre 2014 - 7 Novembre 2017 | |
Proroga | 7 novembre 2017 | |
Gruppo di Ricerca | CAMBI Maurizio (Coordinatore Progetto) PIRO Francesco (Ricercatore) |