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EDUCARE E FORMARE PER PREVENIRE LA VIOLENZA DI GENERE

Il femminicidio, quale estrema, ma non unica, manifestazione della violenza di genere, è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, o perché non rappresenta la donna che l’uomo o la società vorrebbero che fosse. Tale fenomeno, nonostante la cronaca veda crescere incessantemente e a dismisura il numero di donne vittime di violenza, è difficile da concepire, da ammettere, da razionalizzare, da accettare, in una società democratica, “civilizzata” e culturalmente avanzata come la nostra, dove le “questioni affettive, familiari e di coppia” vengono relegate a una dimensione privata: tuttavia è una realtà innegabile che oggi molte donne subiscano violenza solo perché donne.La violenza di genere, perlopiù in ambito familiare, è dunque una realtà statisticamente in aumento, ma non salta immediatamente agli occhi come tale. Il singolo episodio di omicidio di una donna in sé non costituisce e non può essere rappresentato dai media solo come un “caso eccezionale”, magari conseguenza di un raptus improvviso, così come sarebbe fuorviante affermare che degli stupri siano perlopiù autori gli extra-comunitari: le statistiche, come detto, smentiscono questi input inviati dai media, affermando che nella maggior parte dei casi la violenza sulle donne è perpetrata in famiglia, da mariti, ex o conoscenti.Pertanto è innegabile che la violenza di genere non sia imputabile soltanto ai cosiddetti “mostri” che si incontrano per strada, ma ha radici più profonde di quanto i media vogliano far credere: è un fenomeno trasversale, interessa tutte le classi perché sta “dentro” il nucleo base della comunità, la famiglia.La condivisione sociale di concezioni patriarcali e misogine, di matrice culturale o religiosa che siano, relega la donna in uno status di assoggettamento e vulnerabilità, rappresenta e riproduce l’esercizio secolare del potere di controllo da parte dell’uomo sul corpo della donna. La violenza sulle donne non è un problema solo delle donne e non può più essere solo un problema privato, è un fatto sociale che va affrontato nella sua dimensione pubblica perché la promozione e la tutela dei diritti delle donne sono requisiti fondamentali per costruire una vera e propria democrazia. Per attuare politiche di contrasto è necessario fare un continuo monitoraggio sul problema, ma soprattutto cominciare un percorso di educazione e rieducazione che attivi un processo di cambiamento culturale. questo può avvenire attraverso la scuola e le principali agenzie di socializzazione. educare alla differenza di genere diventa un processo prioritario. Programmi di prevenzione sono fondamentali nel percorso educativo affinché si possa prevenire e contrastare in tutti i campi la svalorizzazione del genere femminile e la tolleranza sociale che ancora permane nei confronti della violenza contro le donne.FASE 1 (1 anno) si procederà al recupero e all'analisi delle statistiche nazionali e internazionali in materia di vittime della violenza e dei centri che si occupano del problema dei paesi interessati; analisi di studi fondamentali sul concetto di violenza da parte di ricercatori provenienti da diversi paesi e valutazione delle buone pratiche.FASE 2 (2 anno) somministrazione di interviste in profondità agli operatori e agli educatori dei centri antiviolenza. Promozione e attivazione di corsi di formazione per insegnanti e personale delle Associazioni o degli enti che si occupano del problema; progetti ad hoc in cui sono coinvolti gli studenti (sostenuti da un coordinatore tutor del progetto), al fine di attivare percorsi di consapevolezza del problema.Il lavoro si concluderà con la presentazione dei dati e dei risultati raccolti in una seminario finale e la pubblicazione dei risultati della ricerca.

StrutturaDipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione/DISUFF
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo1.485,00 euro
Periodo28 Luglio 2015 - 23 Novembre 2017
Gruppo di RicercaTRUDA Giovanna (Coordinatore Progetto)
ANDRISANO RUGGIERI Ruggero (Ricercatore)