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OLTRE LA SIMPATIA: UNA BASE ETICA PER L¿EDUCAZIONE INTERCULTURALE

Attraverso il superamento di una visione dicotomica, che tende a riproporre lo spirito del 'genio classificatore dell'Occidente' (Panikkar) e con esso un pericoloso 'neocolonialismo sub specie educationis, si tenterà, partendo da una visione olistico-contemplativa, capace di servirsi del dialogo dialogale-duologale, di ricercare una base etica per l'educazione interculturale. La ricerca si articolerà in due momenti. In una fase iniziale si tenterà di scandagliare e mettere a fuoco le dicotomie che sottendono, come categorie reggenti, ad una certa discorsività interculturale. Sulla scorta di questa analisi, in una seconda fase si tenterà di mettere al centro di una progettualità pedagogica una visione duologale capace di decostruire le dicotomie imperanti e di far emergere una possibile base etica per l'educazione interculturale. La ricerca muove da una serie di interrogativi difficilmente aggirabili. Quale costrutto identità dovrebbe sottendere ad una progettualità pedagogicainterculturale: un'identità sostanziale e unitaria o un'identità in frammenti, dissolta, decostruita, a-fondativa, aperta problematicamente ? Qual immagine di soggetto dobbiamo fermare nel tentativo di fondare una discorsività pedagogica interculturale: un soggetto-persona, un io-coscienza, cogitante, che si conserva identico, che si pensa come datità o un io ermenuticamente costruito, che si fa multiplo, irrequieto e ferito attraverso una processualità aperta all'individualizzazione? Qual è il destinatario del processo educativo a cui guardiamo attraverso la lente dell'interculturalità: il marceliano homo viator, pellegrino che si orienta attraverso la bussola della speranza, o l'homo vagans, nomade, che procede senza alcuna destinazione? La domanda più irrequieta verte intorno alla possibilità/necessità di porre simili questioni ricorrendo ad un pensiero dicotomico. Se non possiamo aggirare, da una parte, la parzialità di ogni singolo punto di vista, anche di quello che prova ad abitare una tensione che vuole dirsi globale, dall’altra, non possiamo sottrarci, da una sorta di contagio delle visioni, delle prospettive. Non possiamo, soprattutto quando si tenta di scandagliare un oggetto epistemico complesso come quello dell’interculturalità, non mettere da parte la nostra personalissima e monolitica codificazione del reale, non possiamo non tentare di accogliere la prismaticità del mondo, le sue mutevoli e svariate messe in forma, attraverso sguardi altri-stranieri, non possiamo non lasciar spazio all’accadere di una metanoia della vista. L’interculturalità, lungi dall’essere un mero dialogo con il vicino (intraculturalità), è un porsi in dialogo con lo straniero. Questo dialogo, però, non è né può ridursi ad uno scontro dialettico retto da una logica accettata reciprocamente come giudice, ma è un incontro (legein) di due dialoganti, un dialogo dialogale e duologale. Questo incontro è sempre un abitare l’alterità fuoriuscendo dal dominio della comprensione logica, un procedere senza bussole né corrimano, un sostare presso la circolarità vitale dell’esistenza disobbedendo al principio di Parmenide, all’affermazione di un primato del pensiero sull’essere, alla riduzione dell'altro a fenomeno modale dell'essere, e a quell’epistemologia del cacciatore che, come ammonisce Panikkar, fa dell’altro una preda.

StrutturaDipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione/DISUFF
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo1.300,00 euro
Periodo29 Luglio 2016 - 20 Settembre 2018
Proroga20 settembre 2019
Gruppo di RicercaMARTINO Paola (Coordinatore Progetto)
ATTINA' Marinella (Ricercatore)