Ricerca | Progetti
Ricerca Progetti
CYBERWARFARE. UN ALTRO MODO DI FARE LA GUERRA
A partire dalla fine della Guerra fredda, e ancor più dopo l’11 settembre 2001, la guerra al terrorismo è diventato l’archetipo di un nuovo tipo di guerra ra. Contrariamente agli auspici di tanti irenisti, la guerra non è scomparsa. Ha cambiato vesti. Termini come «uso della forza», «guerra al terrorismo», peace building, «intervento umanitario», «operazioni di pace» e altre ancora sono diventati sempre più spesso ipocriti camuffamenti di un fenomeno che coinvolge le vite di milioni di persone. Non deve ingannare la circostanza che l’espressione più semplice e intuitiva che indica il ricorso collettivo alla violenza – «guerra», appunto – sia ormai bandita dal lessico giuridico e politico con temporaneo. Le conseguenze di questa rimozione sono evidenti. La possibilità di non usare apertamente il termine «guerra» è una formidabile risorsa per chi è in grado di servirsi della guerra stessa. Se nessuno “dichiara” più la guerra è perché ricorrere ad essa è illecito sul piano giuridico e sempre meno giustifi cabile davanti all’opinione pubblica. Se la guerra non è più formalmente di chiarata è assai più semplice sottrarsi alla responsabilità connessa all’osservanza delle norme che disciplinano l’attività bellica (il c.d. jus in bello).La guerra – indipendentemente dal nome con cui la si voglia chiamare – negli ultimi vent’anni è così diventata una guerra “globale”: globale perché despazializzata in senso geopolitico, indefinita a livello temporale (Infinite Justice era il nome originale dell’operazione Enduring Freedom messa in atto dopo l’attacco terroristico al World Trade Center), e illimitata sul piano giuri dico. Implodono così le distinzioni del vecchio diritto internazionale umanita rio – tra civile e militare, tra neutrale e belligerante, tra prigioniero e combattente – e insieme ad esse svanisce la possibilità stessa di limitare la conflittualità bellica. Di questa nuova guerra la cyberwar è l’espressione forse più inquietante. Azionando un joystick o un mouse è possibile colpire chiunque, ovunque, sempre.Le infrastrutture informatiche di ogni Paese sono ormai essenziali tanto per il funzionamento dello Stato quanto per i servizi erogati a favore della popolazione. In quanto tali, sono obiettivi privilegiati di un attacco cibernetico. Le armi impiegate sono diverse da quelle cui siamo abituati, ma non per questo sono meno distruttive. Un esempio che può chiarire questo punto meglio di qualsiasi spiegazione è il caso Stuxnet. Questo termine indica un malware sviluppato al fine di causare un danno fisico a sistemi di controllo di processi industriali, tipici di grandi impianti come fabbriche, raffinerie e così via.Lo scopo generale della difesa dello spazio cibernetico è quello di prevenire o almeno contenere i danni a infrastrutture critiche, sia militari sia civili. Ma quest’obiettivo deve essere raggiunto in uno scena rio in cui l’identità e le finalità dell’attaccante non sono immediatamente identificabili. E se dietro la maggioranza degli attacchi cibernetici ci sono ancora gli Stati nazionali, numerosi sono i casi di operazioni ricollegabili a entità non statuali e, in particolare, a organizzazioni terroristiche. In questo senso si parla ormai da alcuni anni di cyberterrorism ad indicare gli attacchi che sfruttano le tecnologie informatiche al fine di generare paura o intimidire una società ritenuta nemica sulla base di un giudizio ispirato a una precisa ideologia. Peraltro non pochi sono i casi in cui un attacco informatico costituisce una componente soltanto di un’azione terroristica di più ampia portata, dando luogo così a una combinazione tra terrorismo cyber e terrorismo convenzionale. Dietro alle difficoltà di qualificazione giuridica di queste operazioni si trova il valore politico che simili scelte rive stono. Includere un determinato soggetto o un ente collettivo nell’elenco dei “nemici cibernetici dell’umanità” è un atto che non rientra nella competenza della scienza giuridica.
Struttura | Dipartimento di Scienze Giuridiche (Scuola di Giurisprudenza) | |
Responsabile | PIETROPAOLI Stefano | |
Tipo di finanziamento | Fondi dell'ateneo | |
Finanziatori | Università degli Studi di SALERNO | |
Importo | 1.424,00 euro | |
Periodo | 20 Novembre 2017 - 20 Novembre 2020 | |
Proroga | 20 febbraio 2021 | |
Gruppo di Ricerca | PIETROPAOLI Stefano (Coordinatore Progetto) BISOGNI Giovanni (Ricercatore) GIORDANO Valeria (Ricercatore) LUCE Sandro (Ricercatore) MANCUSO Francesco (Ricercatore) NINO Michele (Ricercatore) PRETEROSSI Geminello (Ricercatore) TUCCI Antonio (Ricercatore) |