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I 'BENI COMUNI¿ TRA GLOBALIZZAZIONE E POLICENTRISMO GIURIDICO: UNA PROSPETTIVA NAZIONALE E COMUNITARIA

Nell’universo giuridico contemporaneo il rapido e sconvolgente processo di globalizzazione sembra aver fatto delle cessioni di sovranità ‘la regola e non più l’eccezione’: e ciò non solo in riferimento alla sovranità formale ceduta ad organizzazioni internazionali come l’ONU, l’Unione Europea, il NAFTA, o la “triade” WTO, Banca Mondiale, FMI, bensì con riguardo alle sostanziali cessioni di sovranità avvenute in nome dell’obiettivo, palese, della realizzazione di un Mercato Unico ovvero col fine, meno esplicito, della creazione di un sistema giuridico market friendly, amico del mercato, ad esclusivo vantaggio di nuovi soggetti sovrani globali. Talché oggi, ad esempio, negli USA, potentissime corporations multinazionali finanziano, in modo assolutamente bipartisan, oltre l’80% dei costi medi delle campagne elettorali per i principali incarichi legislativi, causando il sistematico soccombere dell’ideologia politica al 'pragmatismo realista delle lobby’, quantomeno in termini di efficienza e di ottimizzazione, in ossequio al modello dell’homo oeconomicus. Il che per taluno ha delineato l’assetto istituzionale di quel potere globale oggi dominante che, sorretto dalla collaborazione tra corporation e sovranità statuale, tende instancabilmente alla mercificazione e alla privatizzazione dei beni comuni. La ricerca, di tenore comparatistico e in un approccio sia sincronico che diacronico, porrà, tra l’altro, in rilievo come il primo documento costituzionale dell’Occidente, la Magna Charta Libertatum del 1215, che assicurava rappresentanza politica alla nobiltà ed alla proprietà privata nel Parlamento, era accompagnata dal Charter of the Forest, documento che garantiva alla stragrande maggioranza dei sudditi, che non godeva di ricchezza e proprietà, «l’accesso libero alle foreste e all’uso dei beni comuni in esse contenuti - legname, frutta, selvaggina, acqua… - contro le pretese di chiunque, sovrano incluso, di riservarle a se stesso per la cacciagione e lo svago». In tal modo la rilevanza dei beni comuni era pari a quella della proprietà privata proprio in uno dei più antichi e prestigiosi documenti fondativi della tradizione giuridica occidentale, laddove, di fatto, il diritto dei beni comuni trovava il suo riconoscimento costituzionale. E rileva quasi ad emblematico contrappasso il fatto che proprio in Inghilterra, tra il XVI e il XVIII secolo, i beni comuni siano stati demoliti o marginalizzati dalle famigerate enclosures, quelle recinzioni che di fatto «costituiscono l’archetipo delle privatizzazioni, ossia del privare i commoners dei loro beni comuni». Il che generò le poor laws, le leggi draconiane che colpivano duramente le masse di ex contadini che confluivano nelle città. D’altra parte si terrà in conto che il Code Napoléon, poco prima dell’art. 544 che sanciva il diritto di fruire della proprietà ‘de la manière la plus absolue’, all’art. 542 stabiliva che ‘Les biens communaux sont ceux à la propriété ou au produit desquelles habitants d’une ou plusieurs communes ont un droit acquis’. Con riguardo al tempo attuale, nella ricostruzione della odierna nozione giuridica di beni comuni sarà essenziale affrontare la problematica connessa all’utilizzo assai frequente dell’espressione che sembra configurarsi quale concetto contenitore che viene colmato di volta in volta di significati differenti, una vera clausola generale che sembra aprirsi ad accogliere i nuovi beni comuni via via emergenti: oltre ai beni ambientali e paesaggistici i beni culturali, le università, i sistemi di trasporto, la fiscalità pubblica, le reti delle utilities e delle comunicazioni, e la loro tutela, che già si atteggiano a ‘nuovi’ diritti di ultima generazione.

StrutturaDipartimento di Scienze Politiche e della Comunicazione/DISPC
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo1.600,00 euro
Periodo11 Dicembre 2013 - 11 Dicembre 2015
Gruppo di RicercaPARISI Annamaria Giulia (Coordinatore Progetto)
PIGNATARO Gisella (Ricercatore)
RICCIO Giovanni (Ricercatore)