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IL DIRITTO ALLA FRUIZIONE DEI BENI CULTURALI TRA VINCOLI DI BILANCI E INTERVENTO PRIVATO

La ricerca muove dall'esigenza di monitorare, alla luce delle recenti riforme che hanno interessato la tutela del patrimonio culturale, le politiche pubbliche di settore perseguite dalle Istituzioni. La ricerca si concentra dapprima sulle finalità ultime dell'azione dei pubblici poteri in campo culturale, che concettualmente differiscono dalle funzioni pubbliche di valorizzazione del patrimonio culturale, nonché di promozione della cultura che le perseguono, essendo ad esse funzionalizzate.Nella misura in cui la pubblica amministrazione è tenuta, mediante il servizio culturale - eventualmente erogato anche da un privato, concessionario o comunque esercente una "attività socialmente utile" (art. 111, c. 4, del Codice) - ad assicurare la produzione di tali beni e servizi, e con essi di un'utilità nei confronti del pubblico, essa si trova a dover soddisfare un diritto soggettivo, che ha come fine proprio la fruizione del bene culturale. La conferma si deduce dallo stesso art. 3 del Codice, per il quale anche la stessa tutela dei beni culturali è sempre diretta a "garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione". In tale assetto s’intende indagare sulle implicazioni di tale di prospettiva, in particolare, sotto il profilo della garanzia costituzionale dei livelli essenziali delle prestazioni (ex art. 117, c. 2, lett. m)) e quindi alla garanzia delle necessarie risorse finanziarie.La ricerca intende effettuare la ricostruzione delle politiche culturali in un contesto altamente dinamico, in cui sono compresenti diversi elementi quali la necessità dell’intervento pubblico, la sussidiarietà istituzionale ed orizzontale, l’intersettorialità degli interventi, l’equilibrio di bilancio. In questa prospettiva, i vincoli di natura finanziaria, ora costituzionalizzati, verranno analizzati per verificare se gli stessi possano fungere, piuttosto che da limite, da volano per la piena attuazione dei valori costituzionali di uguaglianza e per l’effettiva affermazione di una funzione pubblica, che attraverso le relative politiche si qualifichi finalmente come autentico servizio alle persone. Tutto ciò consentirà di rinvenire sia gli elementi di omogeneità e continuità, sia gli elementi innovativi rispetto alle politiche culturali passate.La contrazione dell’investimento pubblico, centrale, regionale e locale ha assegnato rilevanza al finanziamento privato. Un primo problema che si pone a proposito del rapporto tra sfera pubblica e privata riguarda l’attuale quadro normativo di riferimento, che è indubbiamente poco chiaro. Il Codice dei contratti pubblici, il Codice dei beni culturali e il Testo unico degli enti locali sono tre fonti che dettano normative non sempre tra loro congruenti e possono dare luogo a letture divergenti dello stesso fenomeno.La tendenza ad una maggiore intersezione tra mondo imprenditoriale e mondo culturale trova un rafforzamento nel Decreto cultura Art bonus, al quale si affiancano la trasparenza sulle donazioni, il crowdfunding e il fundraising istituzionalizzato presso il Mibact (a costo zero). La cooperazione con il privato si presenta, in questo frangente storico, come un’opportunità per la stessa pubblica amministrazione che voglia massimizzare l’interesse pubblico di cui è titolare. In tale assetto, vanno approfondite le modalità di collaborazione tra settore pubblico e privato, nella necessaria distinzione di ruoli e funzioni: restando fermo che al potere pubblico non può non spettare la funzione di rendere la gestione privata pienamente compatibile con il prioritario valore della tutela del patrimonio culturale funzionalizzandola a rendere un efficace servizio al cittadino.

StrutturaDipartimento di Scienze Economiche e Statistiche/DISES
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo1.260,00 euro
Periodo7 Novembre 2014 - 6 Novembre 2016
Proroga6 novembre 2017
Gruppo di RicercaFORTUNATO Anna (Coordinatore Progetto)