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LA PONTIFICIA ACCADEMIA DEI NOBILI ECCLESIASTICI E LA DIPLOMAZIA VATICANA (1914-1978)

La storia della Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici tra il Papato di Benedetto XV e quello di Paolo VI è una delle tematiche più idonee a riorganizzare criticamente il processo di formazione del corpo diplomatico vaticano. Anche se nuovo impulso e una filosofia più corrispondente ai tempi moderni l'Accademia ricevette dai Papi Pio XI e Pio XII, il primo avendo stabilito che il Protettore di essa fosse il Segretario di Stato pro tempore e avendo dato all'Istituto l’attuale nome, il secondo, professore per cinque anni di diplomazia ecclesiastica, disponendo la redazione di un nuovo regolamento, emanato nel 1945 e ancora in vigore, è stato soprattutto Paolo VI, anch’egli ex alunno, ad illuminarne con i suoi insegnamenti la vita e l'andamento. Pertanto, la ricerca intende illustrare come l’inviato, l'ambasciatore vaticano sia il frutto di un articolato processo di formazione e selezione al termine del quale egli sia risultato idoneo a svolgere l’incarico di portare in maniera autorevole la parola del Sovrano, rappresentarlo e trattare in suo nome. La solennità del cerimoniale, gli onori tradizionalmente resi alla persona dell’inviato, che assumono ancora oggi tratti religiosi, restano, in realtà, un tributo reso a colui che rappresenta e al messaggio di cui si fa interprete. La ricostruzione prosopografica degli alunni della citata Accademia appare perciò utile a definire il profilo di un personale diplomatico, esiguo per numero, ma titolare di un ruolo delicato, che richiede, da parte dell’inviato, la capacità di porgere tale parola in maniera al tempo stesso fedele, il più possibile rispettosa della sensibilità e dell’opinione altrui, ed efficace. Sicché nella creazione di un gruppo ristretto di rappresentanti diplomatici, lealtà, coerenza, e profonda umanità sono le virtù fondamentali da inculcare nei futuri inviati del Vaticano all'estero. I quali, in primo luogo sono dei sacerdoti, vescovi, uomini che hanno già scelto di vivere al servizio di una Parola che non è la loro. Ciascun nunzio è, infatti, un servitore della Parola di Dio, il quale è stato investito, come ogni sacerdote, di una missione che non può essere svolta a tempo parziale, ma che gli richiede di essere, con l’intera vita, una risonanza del messaggio che gli è affidato, quello del Vangelo. Ed è proprio il processo di formazione e di inserimento di questa identità sacerdotale nel compito specifico di farsi portatore della parola del Papa, dell’orizzonte del suo ministero universale e della sua carità pastorale, nei confronti delle Chiese particolari e di fronte alle istituzioni nelle quali viene legittimamente esercitata la sovranità nell’ambito statale o delle organizzazioni internazionali, che si intende ricostruire e analizzare. A tal fine, la ricerca si propone inizialmente la ricognizione e la schedatura di fonti edite e inedite in grado di far luce sulla tematica illustrata e in seguito l'analisi sistematica dei risultati per verificare che storicamente per il personale diplomatico vaticano non si tratta di una semplice scelta funzionale, ma di una serie di motivazioni di carattere innazitutto religioso e teologico che sono alla base della decisione da parte della Chiesa di portare nell'agone diplomatico la parola della Santa Sede, mediante la voce del sacerdote, già uomo della Parola di Dio.

StrutturaDipartimento di Studi Politici e Sociali/DISPS
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo2.050,00 euro
Periodo7 Novembre 2014 - 7 Novembre 2016
Proroga6 novembre 2017
Gruppo di RicercaROSSI Luigino (Coordinatore Progetto)
CONTE Alfonso (Ricercatore)
PARRELLA Roberto (Ricercatore)