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GLI ABITANTI PAESAGGISTI: UN PERCORSO SENZA CONFINI.

Claude Lévi-Strauss considerava Jardins Imaginaires, il libro che Bernard Lassus ha pubblicato nel 1977 un nuovo campo negli studi demoetnoantropologici. È in questo testo che egli chiama con l’appellativo abitanti paesaggisti i semplici residenti che modificano il loro ristretto ambiente di vita, la loro dimora. Insoddisfatti dello stato originario degli spazi a loro attribuiti dal costruttore, creano giardini-paesaggio in miniatura, a diverse scale, che accolgono il loro immaginario, ispirato spesso da un mondo sognato; un mondo di fiaba con la foresta e i frammenti di una natura scomparsa. Spazio di un sogno ogni loro creazione, priva di utilità pratica, è una presenza che unifica molte parti del mondo,sulle quali indagare per scoprire gli immaginari che accomunano l’umanità e per evitarne la scomparsa.L’opportunità di un gruppo internazionale di ricercatori apre oggi a nuove possibilità. Questo progetto di ricerca vuole porre l’attenzione su questi luoghi. L’intento è fare in modo che gli occhi dell’osservatore, entrando in queste dimore rese paesaggio, colgano uno spazio tattile, misurato, dalla visibilità senza confini, da leggere e conoscere. Solo chi partecipa al sogno può comprendere l’immaginario verticale che anima il luogo: il giardino, verso quel sogno, c’invita a immaginare paesaggi, non a posare moquettes verdi. Finora questi spazi sono stati catalogati come kitsch, l’intento è di recuperare e documentare la storia del fenomeno che per le sue caratteristiche private rischia di scomparire.L’attività dell’abitante paesaggista ha svelato l’esistenza di un substrato originario, un suolo su cui la società, spesso tramite l’architetto, ha costruito un supporto sul quale l’individuo deposita un apporto: il contributo del suo vissuto. Questa distinzione chiarisce i livelli d’intervento paesaggistico e permette di formulare una pratica di paesaggio. C’è un contributo che modifica una situazione oggettiva a supporto di una realtà originaria. La modifica può essere fatta in due modi differenti: integrando o diversificando, vale a dire aprendo all’eterogeneo: all’accoglienza, comprensione e accettazione di un rapporto equilibrato dei diversi caratteri o frazioni.La pratica di paesaggio può così giungere all’apparenza dell’artificiale come nuova espressione del “naturale”. Immaginare e tessere disponendo paesaggi è un gioco sottile, acuto e incisivo, basato sull’apporto e aperto alle possibilità offerte da un luogo, dal suo substrato, già supportato. Questa dinamica individua prospettive di recupero dal degrado o interventi possibili in un’ottica critica: l’esame di tutte le possibilità con l’occhio rivolto al passato, in direzione del futuro. Futuro è progetto, apporto in profondità. La stessa città è realtà in divenire al pari di ogni luogo e paesaggio. Il dialogo è fra avvenire e passato non viceversa. Questa dinamica si colloca entro i limiti di un paesaggio finito, privo di foresta, la cui assenza è diventata la metafora di un mondo conosciuto, prevedibile, dove il paesaggismo ha bisogno d’immaginazione per poter provocare ancora emozioni. L’intento è di proporre sensazioni scavando nel profondo dell’abisso della favola di una città nuova, supportata da uno spazio naturale che apre all’incommensurabile immaginario: il giardino memoria della città, monumento antico del centro urbano.

StrutturaDipartimento di Scienze Politiche e della Comunicazione/DISPC
Tipo di finanziamentoFondi dell'ateneo
FinanziatoriUniversità  degli Studi di SALERNO
Importo1.750,00 euro
Periodo7 Novembre 2014 - 6 Novembre 2016
Gruppo di RicercaELIA Annibale (Coordinatore Progetto)
CAPONE Paola (Ricercatore)
GUZZO ALESSANDRA (Ricercatore)